Il Dammuso

Le più belle e caratteristiche architettoniche di Pantelleria ci arrivano senza alcun dubbio dal mondo contadino, ed il visitatore che si appresta a scoprirla non può che restare affascinato dal modo in cui è stato conformato questo habitat.
I muretti a secco in pietra lavorata a mano, che delimitano i terreni e le proprietà, mai eccessivamente alti da disturbare. I “jardina”, i giardini arabi, le costruzioni, in pietra, circolari a volte quadrati o a chiudere una zona già riparata, così eleganti ed a volte così seri e austeri monumenti, il dammuso dai tetti a cupola, le volte interne, gli archi.
Il dammuso, la residenza, la casa dei panteschi, ha creato un paesaggio unico che conferisce all’ambiente un’atmosfera dolcemente esotica ed allo stesso tempo sensuale. L’organizzazione e strutturazione del dammuso, è stato il punto di partenza dello sviluppo socioculturale del pantesco. La sua costruzione è una sintesi di quella che può esserlo per la realizzazione di una fattoria, o di  un piccolo feudo, quindi la necessità di avere vicino, intorno, tutto quello che può servire per soddisfare le proprie necessità.  Si inizia sempre con la costruzione della cisterna per la raccolta dell’acqua piovana, dato che solo negli ultimi anni la rete idrica comunale sta raggiungendo le contrade più popolate. Lo scavo era doppiamente utile perché le pietre estratte venivano in seguito usate per costruire il dammuso.
Dalla “pirrera”, la cava, venivano estratti i blocchi di pietra, ma la loro lavorazione avveniva in cantiere, per essere modellate a seconda dell’uso che dovevano avere. Si ricavano “architravi” per le porte e le finestre, “i cantuneri” pietre squadrate per rinforzare tutti gli angoli delle mura esterne, le “balate” larghe e piatte alte 15 cm massimo, per pavimentare l’atrio e il davanti della casa. Le mura potevano essere erette in due modi, a “casciata”, costruendo delle pareti spesse anche un metro e mezzo, dove si muravano pietre di tutti i tipi, anche avanzi di altre lavorazioni edili.
Nella costruzione a “petra taghiata” tagliata, i muri vengono eretti con pietre squadrate dalla larghezza massima di quaranta centimetri, tenute insieme sempre col solito impasto. Fatti i muri, al livello della “cinta”, inizia  la realizzazione della volta, veniva quindi costruita una struttura fatta di tavole di legno a forma di cupola. Su questa base vengono impostate delle pietre l’una accanto all’altra cercando di incastrarle tra loro per avere maggiore tenuta, sulle pietre veniva sparsa della terra, che serviva ad eliminare gli spazi ed a rendere omogeneo il tetto, si bagnava leggermente e si batteva con palette di legno per renderla compatta. Infine le cupole venivano ricoperte con uno strato di pomice, impastato con calce, e battuto per vari giorni per renderla impermeabile e dura. Veniva quindi fatta crollare la struttura interna e si rifiniva la volta cercando di eliminare le imperfezioni. Nel rifinire le volte, i capomastri, le decoravano con piccoli affreschi o bassorilievi con figure geometriche o floreali.

Il tipico dammuso antico è costituito da una camera centrale, “a cammara”,  che è camera da pranzo e salotto, una rientranza dove si cucina, e “l’alcova” con il letto per dormire i genitori, di solito chiusa da una tenda. “Cammarinu”, e una cameretta adibita a ripostiglio e guardaroba. Con l’aumentare della famiglia, il dammuso è ampliato, collegando al corpo principale le stanze necessarie. In autunno con un impasto liquido di calce, colla e cemento si chiudono “i ciacchi”, le fessure che si aprono sul tetto, che danno quei caratteristici e curiosi graffiti.. Davanti il dammuso “u passiaturi”, il terrazzo dove ci si siede la sera in estate, delimitato dalle caratteristiche “ducchene”, sedili in muratura rifiniti con piastrelle e con lo schienale in pietra. Intorno al dammuso erano costruite, con la stessa tecnica ma meno rifinite, le varie stalle per ospitare gli animali domestici, “gaddinaru”, il pollaio per le galline, “zaccanu du purceddu”, il recinto per il maiale, che nel periodo di carnevale si macella per fare scorta di carne da conservare sotto sale o in salsicce e prosciutti, “a stadda du sceccu” la stalla dell’asino, indispensabile animale amico col quale si andava al lavoro nei campi.
“U vagnanu”,  vicino la casa, dove vengono coltivati ortaggi stagionali, fiori o piante officinali quali prezzemolo, rosmarino, menta, basilico. “L’aira” invece è una costruzione circolare a livello del suolo, anche se n’è esistono costruite sui tetti dei dammusi, dove venivano lavorati e puliti grano lenticchie e ceci. L’asino girava e il vento portava via la parte vegetale.   U magasenu” è la cantina dove si fa il vino e dove si sistemano attrezzi le nasse e rizze per la pesca. U “iardinu” è una costruzione circolare, edificata in pietra murata a secco, dal diametro variabile e l’altezza dai due ai quattro metri, con una porticina per entrare. E’ eretto in una posizione dove può ricevere acqua piovana in eccesso dalla strada o dal dammuso. Di solito ospita un solo albero di limone o arancio. 

 “U stinnituri”, dove anche oggi viene messa ad appassire l’uva, di forma rettangolare, con un muro alto anche tre metri e due laterali inclinati a 45 gradi.  Nella zona delle stalle c’è sempre “u furnu”, per cuocere il pane, pizze e dolci e “rustipisci”, per arrostire pesce e carni.Mentre i dammusi di campagna sono solo in pietra, quelli dei centri urbani hanno di solito il prospetto intonacato e dipinto nei caratteristici colori isolani, rosa, giallo opaco, bianco, con cornice di porte e finestre con un colore di contrasto. 
I pavimenti sono rifiniti con deliziose mattonelle dipinte a mano chiamate “Valenza”, forse dal nome del commerciante, ma venivano prodotte in Campania. Introvabili  Le piccole costruzioni disseminate nelle campagne, costituite da un vano abitabile e stalla per asino, sono chiamate “sarduni”. A forma di dammuso sono le antiche chiese, da visitare: San Vincenzo a Kattibuale, Sant’Antonio a Mueggen, Madonna delle Grazie a Grazia del Rosario a Sibà e Sant’Anna a Kazen.
L’abbandono politico, che negli anni passati ha tenuto Pantelleria lontana da ogni tipo di sviluppo, ha preservato l’isola da degenerazioni urbanistiche e ambientali. Con le regole in vigore oggi, tutto ciò che viene costruito nuovo deve rispettare le caratteristiche della tradizionale architettura. I tanti nuovi dammusi, nel giro di pochi anni, grazie anche al tanto verde e alla cura che ha chi costruisce a Pantelleria, si integra e si fonde con l’ambiente e la natura dell’isola. Strutture come il giardino arabo, l’aia e l’essiccatoio panteschi, dovrebbero ad essere protetti alla stessa stregua di monumenti.
      

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